sabato 27 marzo 2021

Quaresimale

Si sa: la quaresima è periodo di penitenza. Sarà per questo che gran parte dell'Italia è stata collocata
in "zona rossa"? 
I riti sono così: bisogna praticarli a prescindere. Piove? La processione si fa lo stesso. Si muore di fame? L'agnello sacrificale va sacrificato ugualmente, magari gli dèi s'inteneriscono, ad ogni modo non si inquietano di più.
Da un anno e più siamo sottoposti a provvedimenti più o meno restrittivi. In ogni caso sono state alterate le forme normali della vita quotidiana e dei rapporti tra le persone. Il conto delle perdite economiche è ancora aperto e rimarrà sulle spalle dei più giovani per molti anni, forse decenni, sotto forma di debito pubblico. Il conto delle vite umane ci dice 96.000 morti "per covid" in Italia da inizio pandemia (fino al 1° marzo, fonte Istituto Superiore di Sanità). Anche questo è un conto aperto che però non verrà mai chiuso, perché non si possono contare le morti indirettamente provocate dall'emergenza sanitaria. Infine c'è un conto che nessuno potrà mai nemmeno tentare e che riguarda i danni immateriali provocati assai più dalla "guerra" contro il covid, che dall'inconsapevole virus.
Eppure di quest'ultimo conto c'è solo una flebile traccia, e puramente retorica, nelle motivazioni politiche dei provvedimenti anti-covid. È il conto degli anni di scuola rubati ai nostri ragazzi: oltre 8 milioni e mezzo di anni di vita scolastica sottratti, uno per studente; e non è finita, e non conteggiamo gli universitari. È il conto delle preoccupazioni dei genitori che hanno difficoltà a gestire i figli mentre lavorano, che hanno perso il lavoro, che lo perderanno quando terminerà il blocco dei licenziamenti, che dovranno trovare i soldi per riprendere a pagare il mutuo della casa. È il conto degli anni di esperienza, di conoscenze, di occasioni perse da tutti i giovani che sarebbero all'inizio dei loro percorsi lavorativi, se ci fosse lavoro, se ci fossero occasioni di mettersi in gioco.
Ma qui i giochi sono chiusi e di certo non li ha chiusi il virus, dal momento che siamo (quasi) tutti vivi.
La politica ha la responsabilità di fare i conti che non si possono fare coi numeri. Non può affidarsi ad un "algoritmo" (così chiamano i 21 parametri che ci hanno spedito "automaticamente" in zona rossa). Altrimenti il politico è un automa, non un ministro né un capo di governo.
Del resto i politici sono figli del loro tempo, e di certo non i migliori. E questa è un'epoca salutista, che inoltre si affida a quella scienza che le promette di dispensarle il "paradiso della tecnica" (come diceva il filosofo Emanuele Severino), cioè la soluzione di ogni problema e una vita la più lunga possibile. Quella "scienza" che è la divinità nascosta dentro i sempre nuovi apparati tecnologici, il nostro "oppio dei popoli". Potrà mai il politico rinnegare gli dèi della sua epoca? deludere i fedeli delle moderne credenze? quelli che poi lo dovrebbero votare? non deve dispensare "salute" e "sicurezza" per venir considerato il sacerdote di quegli dèi?
Ma l'epidemia di covid-19 ha messo il mondo moderno di fronte alla possibilità che i suoi dèi siano "falsi e bugiardi". Perciò bisogna combattere questo nemico invisibile con una guerra totale, di annientamento. La città e i suoi santuari sono assediati dal virus, occorre sbarrare le porte, erigere mura, fare sacrifici – inscenando e rievocando l'oscena processione di camion che portano via cadaveri da smaltire, non persone da consegnare umanamente alla morte.
Non importa quanti siano i contagiati, le percentuali (bassissime) dei sintomatici e quelle ancor più basse dei ricoverati o dei morti. Questo virus non doveva esistere e deve sparire. E bisogna scovarlo anche in chi non ne risente per nulla. O tenerlo fuori dai confini di tutti i nostri sacri corpi.
Altrimenti che senso avrebbe la chimerica vaccinazione totale della popolazione?
Non sono contrario ai vaccini (se non mi fanno morire). Ma non mi pare un'idea di buon senso vaccinare chi, colpito dal virus, non ne risentirebbe di più che di una lieve influenza (i "pauci-sintomatici"). E non parliamo del grado di protezione "meglio-che-niente".
Vacciniamo chi ne ha bisogno: il personale sanitario (fatto), gli anziani, le persone con patologie che le pongono in una situazione di rischio effettivo. E anche tutti quelli che hanno bisogno di un placebo Noi altri, i nostri ragazzi e i giovani, fateci vivere da uomini, non come polli di un allevamento
antibiotico. 

Andrea Brocchieri, docente di storia e filosofia